a cura di Pietro Baccino, Furio Ciciliot
e con una nota storica di Riccardo Musso
Geografia del territorio comunale di Pontinvrea
Il territorio di Pontinvrea è situato alle spalle della Riviera ligure di Ponente lungo la vallata del torrente Erro, immissario della Bormida. La sua popolazione attuale è di 851 abitanti, detti Pontesini, e la superficie è di 24,9 Km2. Confina con Cairo Montenotte, Dego (per un solo punto), Giusvalla, Mioglia e Sassello, sul versante padano, e con Albisola Superiore e Stella, sul versante marittimo.
L’insediamento è sparso e rivela la sua origine storica da una grande tenuta agricolo-fore-stale, gravitante sul palazzo di proprietà dei marchesi di Invrea, diventato sede comunale, e da varie masserie, oggi spesso disabitate, sparse tra i boschi ed i coltivi, in genere rinselvatichi.
Nuclei demici la cui dimensione supera quella della singola cascina sono Ferriera, Repiano, Pian Bottello, Carmine e Giovo: si tratta comunque sempre di insediamenti postmedievali che non superano oggi le poche decine di abitanti.
Il territorio è prevalentemente montuoso, con le massime altitudini di poco superiori agli ottocento metri sul livello del mare ed i fondovalle (da quattrocento a circa trecentocinquanta metri) tendenzialmente pianeggianti. La parte del territorio gravitante verso Sassello, Mioglia e Giusvalla è occupata dai resti di quella che un tempo era l’Astoraria.
Oltre alla vocazione agricolo-forestale, furono rilevanti nella prima età moderna tre ferriere impiantate dagli Invrea che sfruttavano l’ener-gia fornita dall’acqua dell’Erro ed il carbone derivato dal legname. Attualmente, in territorio di Pontinvea esistono alcune strutture economiche di piccole dimensioni ed un limitato turismo estivo basato su seconde abitazioni.
Evoluzione storica e amministrativa del territorio di Pontinvrea
Le prime testimonianze sulla presenza di insediamenti umani nell’attuale territorio di Pontinvrea risalgono alla fine del XII secolo, quando tutta questa area, denominata Astoraria, apparteneva da tempo ai marchesi aleramici del Bosco e, in particolare, al ramo dei signori di Pareto, località alla quale Pontinvrea fu legata amministrativamente fino alla prima metà dell’Ottocento.
Le prime notizie sicure risalgono infatti al 1191 quando il marchese Delfino del Bosco sul sito noto come Lapis Malloni (Pietra di Mallone), presso l’odierna località del Carmine, fece erigere un castello che da lui prese il nome di Castrum Delphini.
L’incastellamento del territorio ebbe certamente tra i suoi effetti una prima colonizzazione dell’alta valle dell’Erro, che ebbe un ulteriore incremento dopo che nel 1210, a seguito di una donazione dei marchesi, gran parte dei boschi e dei prati attorno a Castel Delfino, passarono sotto il controllo del monastero femminile cistercense di Santa Maria di Latronorio. Facendo seguito alle precise volontà dei donatari, le monache fecero erigere un ponte, un ospizio ed una grangia, che furono in seguito accompagnati da una chiesa, detta di Santa Maria de Pratis.
Attorno a questi edifici, sorti probabilmente presso l’attuale Badìa, si andò formando un piccolo agglomerato di case sparse (caratteristica che Pontinvrea avrebbe conservato fino all’età moderna) che, dai prati che ricoprivano il fondovalle, prese il nome di Prata e, in un secondo tempo, di Ponte dei Prati.
La nascita e lo sviluppo di un ampio possedimento monastico non modificò lo status politico ed amministrativo del territorio che continuò, infatti, a seguire le vicende di Pareto. Così, nel 1223, a seguito della vendita fatta dai marchesi, esso passò sotto il dominio del comune di Genova che trasferì alla comunità locale tutti i diritti signorili in passato esercitati dai feudatari, tra i quali anche quelli relativi ai possessi di Ponte dei Prati, oggetto di lunghe controversie con le monache di Latronorio.
La distruzione di Castel Delfino durante le guerre civili genovesi (1272) aveva infatti reso il nucleo monastico della Badia, il centro nevralgico della vita economica ed amministrativa della vallata e tutto il secolo XIV fu caratterizzato da continui conflitti giurisdizionali tra la comunità e l’abbazia.
Tali scontri, causati da questioni di confine e di sfruttamento di terre, non cessarono neppure dopo che nel 1419 Pareto e le sue dipendenze dovettero essere cedute da Genova al marchese Gian Giacomo di Monferrato a seguito della guerra che aveva visto i genovesi cercare di opporsi alle mire espansionistiche del duca Filippo Maria Visconti e del suo alleato monferrino.
La comunità di Pareto fu infatti confermata dai marchesi Paleologi nel possesso di tutti i suoi antichi diritti, in particolare nei confronti del territorio di Ponte dei Prati e la sua posizione si rafforzò ulteriormente dopo che, nel 1536, l’abbazia di Santa Maria di Latronorio venne soppressa, perché in questa occasione buona parte dei diritti feudali usurpati nel corso dei secoli dal monastero poterono essere recuperati, mentre le sue proprietà passarono all’ospedale genovese di Pammatone.
Le difficoltà economiche in cui si venne a trovare il ducato di Monferrato tra XVI e XVII secolo spinsero nel 1606 la comunità di Pareto a vendere il tenimento di Ponte dei Prati con tutti i diritti feudali ed allodiali al patrizio genovese Gio. Battista Invrea, il cui avo Bartolomeo fin dal 1583 aveva ottenuto i beni dell’ex monastero di Latronorio in enfiteusi perpetua dai Protettori dell’ospedale di Pammatone.
L’acquisto fu la premessa per la trasformazione del Ponte dei Prati da semplice appendice del comune di Pareto a signoria feudale, dotata di una sua autonomia amministrativa e giudiziaria perché, l’anno successivo, l’Invrea ottenne da Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova e di Monferrato, l’investitura del territorio (ora ufficialmente denominato Ponte Invrea) con il titolo di marchese e l’esercizio della giurisdizione civile e criminale.
Sotto il regime feudale degli Invrea, importanti finanzieri della Genova del tempo, il territorio conobbe un rapido sviluppo. Essi favorirono l’insediamento di nuovi abitanti dai paesi vicini con la concessione in enfiteusi di quasi tutti i terreni di loro proprietà ed incrementarono l’attività siderurgica già presente nel corso del Cinquecento con la costruzione delle ferriere d’Alto e del Palazzo, che si andarono ad aggiungere a quella più antica detta di Bava.
La costruzione del palazzo marchionale e dell’adiacente chiesa parrocchiale di San Lorenzo, condusse poi allo spostamento del centro del paese dall’antica Badia all’attuale sede, mentre nel 1661 l’erezione della chiesa di Nostra Signora del Carmine ai piedi dell’an-tico Castel Delfino (in ricordo – secondo la tradizione – del ritrovamento di una statua della Madonna tra le rovine del maniero) fu la premessa per la nascita di questo altro nucleo abitato, posto lungo la strada del Giovo.
Trasmissibile in linea femminile, il feudo di Pontinvrea passò nel 1730 agli Imperiale di Sant’Angelo, grandi feudatari genovesi residenti nel regno di Napoli, da cui finì nel 1786 ai Durazzo e, nel corso del XIX secolo, agli Spinola ed ai Gavotti.
Nel frattempo però, nel 1707, la sovranità era passata dai duchi di Monferrato ai Savoia che, progressivamente, limitarono e poi soppressero del tutto i diritti feudali dei signori, solo lasciando loro il possesso delle terre (quelle che a Pontinvrea erano dette “il marchesato”, senza più alcun significato politico o amministrativo).
Con il venir meno del regime feudale, durante il Settecento, Pontinvrea tornò ad essere riassorbita dal comune di Pareto finché, nel 1846, il re Carlo Alberto, preso atto dell’importanza che la frazione aveva acquistato, decretò la sua erezione in comune autonomo.